Articolo pubblicato sulla rivista Natura e Montagna n.1 anno LXII (2013)
Mi sono laureato con lode a Bologna nel
2000 in Scienze Naturali. Da quell'anno mi occupo di progetti europei per la tutela
della natura Life[1],
prima come analista e valutatore della CE, poi come “euro progettista” e ora
come coordinatore di 2 progetti in questo settore, LIFE MGN sui servizi
ecosistemici[2]
e Life Monti della Tolfa[3], su
tutela di specie e habitat. Dal 2003 insegno queste materie in master e corsi.
Sono dunque molto contento di aver potuto concretizzare i miei studi e la mia
passione in un lavoro attinente. Il 29 novembre 2013 si è tenuto a Penne un
interessante convegno “Lavorare con la Natura-dalla teoria alle buone pratiche”
il cui resoconto è stato pubblicato dal WWF. In quella sede ho raccontato la
mia esperienza, che racconto qui.
Negli ultimi anni,
a seguito dei tagli che hanno interessato il settore della tutela della natura,
già caratterizzato da scarsità di risorse, i finanziamenti europei sono stati ritenuti
tra le poche fonti attendibili e sicure per sostenere azioni di conservazione,
gestione attiva, monitoraggi, pianificazione nelle migliaia di aree protette
italiane che comprendono parchi e riserve ma soprattutto i siti della Rete
Natura 2000. Non è un caso che siano italiani circa il 20% dei progetti europei Life
finanziati ogni anno a livello di Europa a 27 stati membri! Questo è un grande
risultato, che in fondo permette di dare lavoro a tante professionalità legate
alla tutela della biodiversità. Moltissimi
naturalisti, biologi, laureati in scienze ambientali hanno lavorato grazie a
questi progetti, per i monitoraggi faunistici e floristici, l’elaborazione di
piani di gestione, reintroduzioni, eliminazione di specie alloctone, redazione
di materiale divulgativo naturalistico, solo per citare alcune mansioni. Un
altro grande ambito di lavoro per noi naturalisti è quello delle valutazioni di
incidenza di piani e progetti (es. impianti eolici) su specie e habitat ai
sensi della direttiva Habitat.
A mio avviso oggi,
terminata direi la fase della conoscenza naturalistica e della pianificazione,
che ha interessato gli addetti ai lavori, è il momento di portare le persone a
scoprire le bellezze naturali del nostro paese nei parchi e nella rete Natura
2000: le maggiori opportunità di lavoro che si aprono sono dunque legate
all’aumento dell’ecoturismo sia estero che italiano, quindi sono sempre più
richieste guide naturalistiche, gestori di turismo ambientale, applicazioni per
palmari per fruire il territorio. Altre opportunità di lavoro proverranno dalla
necessità di limitare le specie alloctone animali e vegetali e a creare
corridoi faunistici sulle grandi infrastrutture. E’ necessario inoltre
aumentare la conoscenza e l’informazione di amministratori pubblici e privati e
di gestori di terreni sulla biodiversità: anche la formazione in questo senso
rappresenterà un’opportunità del settore. La Francia ha elaborato un catalogo
dei lavori nel settore biodiversità[4],
stimando in 64mila i posti di lavoro occupabili, di cui quasi la metà
nell’educazione e nell’informazione, e penso che in Italia i numeri siano
maggiori.
Ora qualche
consiglio ai miei giovani colleghi. Spesso chi inizia a occuparsi di
biodiversità, magari dal punto di vista scientifico e accademico non sviluppa altre
conoscenze per diversificare la propria offerta professionale in settori che
necessitano anche di altre competenze, quali la divulgazione naturalistica, il
reperimento e la gestione di fondi, l’ecoturismo[5]. Spesso
si corre il rischio di ultra specializzarsi, rendendo poi difficile occuparsi di
altri ambiti di lavoro legati alla biodiversità, una flessibilità invece
necessaria in tempi di crisi. Ad esempio, ci si occupa per anni di una sola
specie, non allargando il proprio orizzonte a quello che succede oltre, senza
acquisire nuove competenze lavorative, e di fatto si aumenta il rischio di non
trovare lavoro. Da lì le fughe all’estero o lavoretti esterni al settore
desiderato. Nel mio caso, per iniziare a lavorare, è stato molto utile aver
fatto uno stage Leonardo post laurea in una società spagnola che si occupava di
monitoraggio di progetti Life, conoscere varie lingue, aver fatto una tesi
all’ISPRA su biodiversità e agricoltura nell’ambito del corso di scienze
naturali e aver già pubblicato articoli divulgativi sulla base di esperienze di
volontariato naturalistico in parchi e con associazioni ambientaliste. E’anche molto utile partecipare ai tanti
convegni su natura e ambiente: occasioni buone per conoscere persone che
lavorano nel settore e avere aggiornamenti sulla realtà della natura in Italia.
Noto invece che troppo spesso a questi convegni non partecipano gli studenti e
i giovani laureati.
E’ inoltre necessario che si incrementi il
collegamento tra gli studenti di scienze naturali, biologiche e ambientali con
chi già lavora nel settore, magari prevedendo nell’ambito della didattica
testimonianze di professionisti dell’ecoturismo, progettazione, gestione attiva
di specie, reperimento di fondi. A questo proposito, ringrazio la Scuola di
Scienze dell’Università di Bologna che ogni anno mi invita a tenere un
seminario dal titolo “Lavorare nei progetti europei per la conservazione della
natura”, piuttosto apprezzato e che, nell’anno 2014-2015, è diventato il corso
di laurea magistrale “Progettazione europea per la natura e l’ambiente”.
Concludendo, oltre al “lavoro dello studente” che è andare a lezione, studiare
e dare gli esami, è necessario già durante gli studi avvicinarsi al mondo reale
di chi già lavora in questo settore, partecipando alla vita di associazioni
ambientaliste, imparando lingue, facendo tante esperienze di volontariato
naturalistico, partecipando ai convegni e scegliendo una tesi di laurea su temi
di attualità naturalistica da svolgere in collaborazione con enti pubblici o anche
aziende private.
[5] Un
interessante catalogo delle professioni legate alla biodiversità è contenuto a
pag.174 nel rapporto http://ec.europa.eu/environment/pubs/pdf/biodiversity/Biodiversity%20and%20Jobs_final%20report.pdf