mercoledì 14 maggio 2014

Lavorare nei progetti europei per la conservazione della natura (qualche consiglio ai giovani naturalisti)



Articolo pubblicato sulla rivista Natura e Montagna n.1 anno LXII (2013)


Mi sono laureato con lode a Bologna nel 2000 in Scienze Naturali. Da quell'anno mi occupo di progetti europei per la tutela della natura Life[1], prima come analista e valutatore della CE, poi come “euro progettista” e ora come coordinatore di 2 progetti in questo settore, LIFE MGN sui servizi ecosistemici[2] e Life Monti della Tolfa[3], su tutela di specie e habitat. Dal 2003 insegno queste materie in master e corsi. Sono dunque molto contento di aver potuto concretizzare i miei studi e la mia passione in un lavoro attinente. Il 29 novembre 2013 si è tenuto a Penne un interessante convegno “Lavorare con la Natura-dalla teoria alle buone pratiche” il cui resoconto è stato pubblicato dal WWF. In quella sede ho raccontato la mia esperienza, che racconto qui.
Negli ultimi anni, a seguito dei tagli che hanno interessato il settore della tutela della natura, già caratterizzato da scarsità di risorse, i finanziamenti europei sono stati ritenuti tra le poche fonti attendibili e sicure per sostenere azioni di conservazione, gestione attiva, monitoraggi, pianificazione nelle migliaia di aree protette italiane che comprendono parchi e riserve ma soprattutto i siti della Rete Natura 2000. Non è un caso che siano italiani circa il 20% dei progetti europei Life finanziati ogni anno a livello di Europa a 27 stati membri! Questo è un grande risultato, che in fondo permette di dare lavoro a tante professionalità legate alla tutela della biodiversità.  Moltissimi naturalisti, biologi, laureati in scienze ambientali hanno lavorato grazie a questi progetti, per i monitoraggi faunistici e floristici, l’elaborazione di piani di gestione, reintroduzioni, eliminazione di specie alloctone, redazione di materiale divulgativo naturalistico, solo per citare alcune mansioni. Un altro grande ambito di lavoro per noi naturalisti è quello delle valutazioni di incidenza di piani e progetti (es. impianti eolici) su specie e habitat ai sensi della direttiva Habitat.
A mio avviso oggi, terminata direi la fase della conoscenza naturalistica e della pianificazione, che ha interessato gli addetti ai lavori, è il momento di portare le persone a scoprire le bellezze naturali del nostro paese nei parchi e nella rete Natura 2000: le maggiori opportunità di lavoro che si aprono sono dunque legate all’aumento dell’ecoturismo sia estero che italiano, quindi sono sempre più richieste guide naturalistiche, gestori di turismo ambientale, applicazioni per palmari per fruire il territorio. Altre opportunità di lavoro proverranno dalla necessità di limitare le specie alloctone animali e vegetali e a creare corridoi faunistici sulle grandi infrastrutture. E’ necessario inoltre aumentare la conoscenza e l’informazione di amministratori pubblici e privati e di gestori di terreni sulla biodiversità: anche la formazione in questo senso rappresenterà un’opportunità del settore. La Francia ha elaborato un catalogo dei lavori nel settore biodiversità[4], stimando in 64mila i posti di lavoro occupabili, di cui quasi la metà nell’educazione e nell’informazione, e penso che in Italia i numeri siano maggiori.
Ora qualche consiglio ai miei giovani colleghi. Spesso chi inizia a occuparsi di biodiversità, magari dal punto di vista scientifico e accademico non sviluppa altre conoscenze per diversificare la propria offerta professionale in settori che necessitano anche di altre competenze, quali la divulgazione naturalistica, il reperimento e la gestione di fondi, l’ecoturismo[5]. Spesso si corre il rischio di ultra specializzarsi, rendendo poi difficile occuparsi di altri ambiti di lavoro legati alla biodiversità, una flessibilità invece necessaria in tempi di crisi. Ad esempio, ci si occupa per anni di una sola specie, non allargando il proprio orizzonte a quello che succede oltre, senza acquisire nuove competenze lavorative, e di fatto si aumenta il rischio di non trovare lavoro. Da lì le fughe all’estero o lavoretti esterni al settore desiderato. Nel mio caso, per iniziare a lavorare, è stato molto utile aver fatto uno stage Leonardo post laurea in una società spagnola che si occupava di monitoraggio di progetti Life, conoscere varie lingue, aver fatto una tesi all’ISPRA su biodiversità e agricoltura nell’ambito del corso di scienze naturali e aver già pubblicato articoli divulgativi sulla base di esperienze di volontariato naturalistico in parchi e con associazioni ambientaliste.  E’anche molto utile partecipare ai tanti convegni su natura e ambiente: occasioni buone per conoscere persone che lavorano nel settore e avere aggiornamenti sulla realtà della natura in Italia. Noto invece che troppo spesso a questi convegni non partecipano gli studenti e i giovani laureati.
E’ inoltre necessario che si incrementi il collegamento tra gli studenti di scienze naturali, biologiche e ambientali con chi già lavora nel settore, magari prevedendo nell’ambito della didattica testimonianze di professionisti dell’ecoturismo, progettazione, gestione attiva di specie, reperimento di fondi. A questo proposito, ringrazio la Scuola di Scienze dell’Università di Bologna che ogni anno mi invita a tenere un seminario dal titolo “Lavorare nei progetti europei per la conservazione della natura”, piuttosto apprezzato e che, nell’anno 2014-2015, è diventato il corso di laurea magistrale “Progettazione europea per la natura e l’ambiente”. Concludendo, oltre al “lavoro dello studente” che è andare a lezione, studiare e dare gli esami, è necessario già durante gli studi avvicinarsi al mondo reale di chi già lavora in questo settore, partecipando alla vita di associazioni ambientaliste, imparando lingue, facendo tante esperienze di volontariato naturalistico, partecipando ai convegni e scegliendo una tesi di laurea su temi di attualità naturalistica da svolgere in collaborazione con enti pubblici o anche aziende private.

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